L'impatto del wellbeing sui tuoi dipendenti - Intervista a Elisa Corbetta

Published
15 Maggio, 2023
Il pay-off di Beaconforce dice tutto: Empower your People. Grow business.
Crediamo che il miglioramento e potenziamento delle capacità delle persone, che alle volte può venire trascurato da alcune aziende, sia la chiave del successo continuo all'interno di qualsiasi organizzazione.

Oggi abbiamo il piacere di intervistare Elisa Corbetta, Wellbeing Designer, Neuroempowerment Coach e Leadership Development Expert.

Elisa è Principal in MIDA SB SpA, società benefit di consulenza aziendale certificata B Corp e attivista del WellBrain, il polo di ricerca e sviluppo della società, dedicato alla divulgazione, formazione e consulenza per il benessere nelle organizzazioni.
Da oltre 15 anni sperimenta l’approccio del self empowerment, per facilitare processi di trasformazione e sostenibilità nelle organizzazioni, occupandosi in particolare di team di direzione, manager, high potential e newcomer.

Siamo molto orgogliosi di poter ascoltare la sua esperienza e condividere con i suoi pensieri e le sue opinioni sull'importanza del benessere e del flourishing dei dipendenti.

Perché non ha più alcun senso non farlo.
Oggi abbiamo evidenze scientifiche, statistiche, empiriche che mostrano che solo occupandosi del benessere delle proprie persone le aziende potranno continuare a prosperare. Al contrario, se non lo faranno, andranno incontro a un calo delle performance, della produttività, dell’innovazione. Non solo, saranno esposte alla perdita dei loro talenti e a fenomeni sempre più ampi di turnover.

Non sto descrivendo uno scenario apocalittico immaginario, ma una fotografia emergente.
I dati che abbiamo a disposizione indicano che a livello mondiale solo il solo il 21% delle persone sono realmente ingaggiate sul lavoro (ricerche Gallup) e in Italia il tasso di turnover è aumentato del​ 73% nell’ultimo anno (Osservatorio HR del Politecnico di Milano), così come le dimissioni volontarie nel primo trimestre del 2022 rispetto al primo trimestre del 2020 sono cresciute dell’85% (fonte Ministero del Lavoro).
La ricerca neuroscientifica è in grado di mettere in correlazione il benessere personale con le capacità che oggi sono cruciali sul lavoro, come la flessibilità mentale, la capacità decisionale, il pensiero laterale, la concentrazione.
In particolare Barbara Fredrickson, professoressa nel dipartimento di psicologia dell'Università della Carolina del Nord, ha osservato come le emozioni positive abbiano un impatto favorevole sull’attivazione delle nostre capacità cognitive più sofisticate, mentre le emozioni negative ci costringono in schemi abituali di pensiero, ci irrigidiscono, ci fanno perdere di lucidità.

Tornando quindi alla domanda perché è importante occuparsi di benessere delle persone al lavoro queste sono alcune risposte che sono convinta possano fare breccia anche nei manager che ancora sottovalutano questo aspetto, a favore di una cultura totalizzante delle performance.

C’è poi un aspetto che ha a che vedere con il valore in sé di occuparsi del benessere delle persone al lavoro. Al di là del fatto che questo possa essere una strategia lungimirante per avere in azienda persone che stanno bene, e che quindi funzionano anche meglio, e performano meglio, noi del WellBrain Project crediamo che il benessere a 360° sia una meta che valga perseguire in sé, perché buona, perché umana, perché rappresenta un nobile scopo.

Posso iniziare dicendo cosa non è benessere. Benessere non è solo stare bene, nel senso di provare emozioni piacevoli. Non è solo essere rilassati/e. Non significa totale e costante contentezza e soddisfazione.
Dico questo perché troppo spesso si tende a semplificare il concetto di benessere, che invece è articolato, ricco, contiene in sé diverse sfaccettature, come ad esempio la qualità delle relazioni al lavoro, il coinvolgimento nella propria attività, la possibilità di accedere a stati profondi di concentrazione, l’opportunità di conoscere e valorizzare i propri talenti, di fare progressi, di crescere, in una parola di fiorire.

Possiamo quindi tradurre wellbeing in “ben-essere”, e cioè “essere bene”, essere di valore, pregio, dignità, non solo “stare bene”.
Questo modo di concepire il benessere fa intendere come occuparsene non significhi tanto prendere decisioni che non scontentino le persone o realizzare solo iniziative volte a migliorare il clima di team, ma voglia dire anche creare le condizioni affinché le persone possano esprimere il proprio meglio, e questo, per tornare al punto iniziale, potrebbe anche contemplare impegno, fatica, frustrazione.

Il benessere è, quindi, un costrutto più ampio e articolato rispetto al piacere o alla soddisfazione, e contempla anche la realizzazione di sé, la capacità di contribuire con proattività agli obiettivi aziendali, di performare al meglio delle proprie possibilità.

La maggior parte delle aziende con cui lavoriamo, dalle quali siamo chiamati, hanno già avviato iniziative di promozione del benessere.
Eppure il più delle volte sono iniziative, seppur di valore, slegate tra di loro, non coordinate da una visione, da una strategia più alta. Ecco tutte le aziende, anche quelle che si approcciano a introdurre per la prima volta interventi di benessere organizzativo, dovrebbero assumere uno sguardo capace di prendere in considerazione più livelli di intervento e tutti gli attori chiave.
Si tratta di fare proprio un approccio integrato, in grado di rivolgere la propria attenzione sia ai dipendenti, in quanto singole persone (così che sviluppino un mindset e una serie di skill in grado di supportare la ricerca del proprio benessere) sia alla leadership, a chi ha quindi la responsabilità, oltre del proprio benessere, anche di quello di altri, sviluppando, o rafforzando, un nuovo stile di leadership sostenibile.

Infine si tratta di interrogarsi anche sulle pratiche organizzative, ovvero sui processi, sulle pratiche, sulle policy che possono favorire o ostacolare il benessere delle persone. Avendo questo sguardo integrato e sistemico allora possiamo ambire a costruire ambienti e contesti di wellbeing e flourishing in grado di modificare davvero i comportamenti organizzativi e di impattare sulla cultura, evitando di compiere azioni a basso impatto di significato e il rischio, fin troppo concreto, di interventi di benessere di facciata.
In sintesi: va bene fare, ma occorre avere muoversi con uno sguardo all’intero sistema organizzativo, così da avere e trasferire una strategia guidata da un modello di riferimento che aiuti a dare senso e chiarezza su dove e come intervenire ad un livello più profondo e generativo.

Uno dei rischi più grandi che le aziende corrono è di pensare che i bisogni di benessere siano uguali per tutti e quindi adottare un approccio molto poco customizzato.

Nella mia esperienza invece i bisogni di wellbeing cambiano in relazione alla popolazione alla quale rivolgiamo la nostra attenzione.
Giovani, neoassunti, manager, alti potenziali, tecnici, operativi, senior… tutte questi audience hanno un profondo bisogno di wellbeing, ma per ciascuna wellbeing vuol dire qualcosa di diverso.
C’è chi ha bisogno per stare bene di maggiore flessibilità e delega, chi ha bisogno di sviluppare maggio concentrazione e lucidità, chi gioverebbe di una leadership orientata allo sviluppo dei propri talenti, chi necessita di obiettivi più ambiziosi, chi ha bisogno di defaticare e recuperare energia.

Serve quindi fare attenzione ai bisogni di ciascun target, e ancora di più di ciascun individuo, e attivare canali di ascolto mirati prima di intervenire.
Anche la comunicazione ha un ruolo fondamentale, perché se non si comunica utilizzando il linguaggio delle persone alle quali ci si vuole rivolgere, toccando i loro pain point, si rischia di avere un basso coinvolgimento nelle iniziative che magari con tanto impegno si portano avanti.
La fase di sensibilizzazione e di comunicazione è quindi particolarmente critica e risulta fondamentale per il successo del progetto più generale. In questa fase è importante coinvolgere non solo i diretti destinatari delle azioni di wellbeing, ma tutti gli stakholder, con particolare attenzione alla leadership.

Elisa, come sai, Beaconforce è uno strumento di ascolto profondo, basato su solide basi scientifiche, che aiuta le aziende a tradurre le voci delle persone in informazioni e analisi predittive, creando ambienti di lavoro più coinvolgenti, sostenibili e performanti. Le aziende che ci scelgono sono innovative e all'avanguardia, hanno a cuore il benessere e il miglioramento delle loro persone.

Beaconforce può avere un ruolo fondamentale nell’ascolto e nell’analisi dei bisogni delle diverse popolazioni aziendali.

Collegandomi a quanto dicevo prima, risulta fondamentale non progettare soluzioni on top, con il rischio che siano scollegate dalle reali esigenze delle persone, ma condurre un’approfondita fase di analisi.
Questa fase di ascolto, analisi e comprensione deve essere condotta con strumenti in grado di compiere una lettura approfondita dei need, ma anche delle competenze possedute in azienda e che possono essere valorizzate. Tale analisi può essere approfondita attraverso un ascolto sistematico e qualitativo delle popolazioni target di intervento, ad esempio tramite strumenti quali interviste e focus group, che permettono di integrare le evidenze dei dati con il punto di vista e le parole, sempre dense di significato, dei protagonisti.

Solo attraverso una reale comprensione dei gap da colmare, dei bisogni e desideri sottostanti ai pain espressi, dei punti di forza da valorizzare, è possibile costruire una strategia in grado di impattare sia sul cambiamento dei comportamenti agiti, sia sulla promozione di una cultura di wellbeing e flourishing.
Grazie molte per la tua intervista Elisa! Se vuoi scoprire di più su come ascoltare i bisogni delle tue persone e contribuire così al loro benessere, scopri di più su Beaconforce!
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